mercoledì 1 aprile 2009

E' LA STAMPA BELLEZZA


Il “De Bortoli Bis” succede al “Mieli Bis”. Le direzioni al Corriere della sera ormai sono come i Governi della Repubblica. Oltretutto, non si sa se per una fortuita concatenazione di eventi o per un effetto-domino, la salita al soglio di via Solferino ha innescato la scintilla che porterà a un giro di valzer di direttori che coinvolgerà reti Rai, telegiornali, quotidiani e settimanali. Il primo effetto-Corrierone è stata la nomina di Gianni Riotta, direttore del Tg1, al “Sole24ore”, il quotidiano economico di Confindustria. Ne parliamo con Giancarlo Galli, scrittore, giornalista di economia e acuto osservatore di poteri forti e salotti buoni. “Non era mai accaduto in passato” commenta a caldo, “ultimamente invece capita spesso”.

- Che un direttore succedesse a se stesso dopo un paio di interregni?

“Anche, ma io mi riferisco soprattutto al fatto che i giornali anziché dare notizie o servire il lettore parlano sempre di più di sé stessi in maniera autoreferenziale. I giornali ultimamente ritengono di fare notizia. Cosa comunicano poi? Quella è un’altra faccenda. Se oggi guardiamo gli articoli sulle nomine non si capisce perchè hanno sostituito il direttore del Corriere della sera. Abbiamo saputo con grandi dettagli perché hanno sostituito Rick Wagoner, il dominus della General Motors o per rimanere all’estero, grandi banchieri, top manager. I giornali stranieri sono andati nei dettagli: se ne sono andati per questo motivo e per quell’altro. Ma perché sia stato sostituito un grande giornalista come Mieli con un altro grande giornalista come De Bortoli non lo sappiamo. E non c’è una parola sulla crisi che attraversa il mondo dei giornali italiani in genere”.

Che tipo di crisi è, secondo lei?

“Una crisi di vendite che forse è anche una crisi di credibilità. Ho grande stima di De Bortoli e di Mieli ma vorrei sapere perchè c’è stato questo avvicendamento. Poi magari ce lo diciamo noi attraverso dei “pissi pissi bau bau”. Ma sarebbe bello leggere le motivazioni fuori dai pettegolezzi, così come abbiamo appreso le motivazioni vere delle dimissioni di Wagoner”.

Evidentemente è accaduto qualcosa nel salotto buono del capitalismo italiano, che costituisce l’azionariato del “Corriere”.

“Mi viene in mente una battuta di Cuccia, che diceva che Mediobanca non avrebbe dovuto occuparsi né di giornali né di case da gioco. Il banchiere era estremamente rispettoso degli steccati, cioé dei ruoli. Se andiamo a vedere chi sono gli azionisti di Rcs, che controlla il Corriere, vediamo che sono banchieri, assicuratori. I boatos dicevano che dibattevano sempre tra loro per la sostituzione del direttore? Perché? Cosa non andava bene? Non andava bene editorialmente, politicamente? Resterà pure nell’ambito dell’azienda”.

Quello di De Bortoli è un ritorno in Via Solferino.

“Qui non si discutono le persone, che sono cavalli di razza del giornalismo. Certo il film di De Bortoli che se ne va, di Mieli che ritorna dopo una breve parentesi, e di Debortoli che ritorna a sua volta andrebbe approfondito. Credo che i lettori, visto che i grandi quotidiani svolgono una funzione pubblica, avrebbero diritto di sapere come è andata..Noi giornalisti siamo sempre usi invocare la trasparenza con le istituzioni, poi quando la cosa riguarda i nostri problemi, siamo meno approfonditi”

Il ritorno di De Bortoli apre un giro di valzer di direttori.

“Certamente si parla di tante altre cose. La Rai in primis. Dalle parti di viale Mazzini però abbiamo saputo molte cose: le posizioni, le influenze politiche. Invece nel salotto buono del capitalismo meno. Sappiamo che all’interno dell’azionariato ci sono degli azionisti come Bazoli che era e resta un prodiamo doc e viceversa altri, come Ligresti che simpatizzano più per Berlusconi. Sappiano che Mieli aveva più la vocazione del terzista. Sappiamo tante cose ma non le sappiamo dai giornali che dovrebebro dircele”.

Non si può certo parlare di cambio di stagione, visto che i protagonisti sono gli stessi, magari un po’ ingrigiti nei capelli
“Una volta si diceva cambio della guardia. Ma sono sempre gli stessi campioni di razza dello stesso circo che cambiano di casacca ma si trasferiscono da qui a là. Ma va benissimo anche questo, perché si tratta di giornalisti di razza, se ci viene spiegato perché”.

Che giudizio dai dei media in genere? Forse non fanno eccezione rispetto a un sistema un po’ appannato, un po’ bloccato.

“Se c’è qualcosa di bloccato sono i media italiani soprattutto radio e Tv. C’è poco disincanto. Molta futilità. C’è qualche eccelente cronista, come Stella o la Gabanelli, ma per il resto è un po’ una sorta di confraternita. Probabilmente è la società italiana che è diventata tutta una confraternita. Bisognerebbe fare una riflessione sul perché tanti imprenditori sono a capo di giornali che non portano utili ma sono ricavi, evidentemente ci sono obiettivi politici più che economici o chissà quali altri obiettivi. La nostra categoria dovrebbe fare tante riflessioni. Per esempio perché ha impiegato quattro anni a rinnovare il suo contratto di categoria”.

Non ci leggi un’operazione un po’ gattopardesca in questo giro di valzer di direttori?
“Credo che Tomasi di Lampedusa e il Principe di Salina sarebbero molto contenti di come stanno andando le cose”.