Se fosse un film, il titolo sarebbe “Qualcosa di travolgente”. E’ piaciuto subito il nuovo Tg de LA7 targato Enrico Mentana. L’edizione delle 20 ha toccato record mai raggiunti prima (martedì 6 luglio, ad esempio, è schizzato al 4,8 per cento di share medio, con un milione e mezzo di contatti). Quasi un Tg1 o un Tg5. Il critico del Corriere Aldo Grasso ha parlato di “mezzo miracolo”.
- Mentana, i giornali hanno parlato di ritorno delle notizie. Che a onor del vero e del direttore uscente Antonello Piroso c’erano già tutte, ci sono sempre state.
«Verissimo. Con un po’ di cattiva coscienza, un po’ di coda di paglia, ma soprattutto molta benevolenza i giornali hanno parlato del mio arrivo come se avessi preso in mano un guscio vuoto. In realtà il tg della Sette già c’era ed era guidato da un brillante collega».
- Dunque si va avanti lungo lo stesso solco?
«Sì, anche se c’è ancora molto da fare. Le scelte di Piroso privilegiavano del tutto legittimamente altri prodotti della testata rispetto al telegiornale e alla sua edizione principale. Tanto è vero che se uno chiede dell’informazione de La7 pensa sì ai bei programmi condotti dallo stesso Piroso, a Omnibus, a 8 e mezzo, all'Infedele e via dicendo. Ma il tg non veniva citato come la punta di diamante. E francamente in una rete a forte propensione informativa come è LA7 il lavoro deve essere quello di portare il tg ai vertici della flotta. Tutti i grandi canali televisivi hanno il punto di massimo ascolto nel tg. Non è una questione di ascolti. E' così perché nela liturgia quotidiana del rapporto con la televisione il momento indifferibile è quello in cui si ascoltano le notizie della giornata".
- Anche perchè, diciamolo francamente, le varie ammiraglie dell'informazione, a cominciare dal Tg1, hanno perso credibilità. Farete voi supplenza?
«Nel momento in cui i tg generalisti erano percepiti come completi e ortodossi i miei predecessori hanno pensato che bisognasse fare un tg diverso, più leggero, dallo spariglio continuo. Ora ci troviamo in una situazione diversa, in cui a torto o a ragione l’informazione dei tg tradizionali viene percepita come un po’ troppo cauta e reticente. A questo punto la scelta è quella di dare tutte le notizie. Di fare un tg ortodosso, come se fare il tg tradizionale in questo momento spettasse a noi. Non più l’immagine di un tg alternativo, ma proprio un tg che mira ad essere un tg di riferimento da tv generalista. Anche per chi non fa parte del pubblico tradizionale de LA7".
- Ormai sei un esperto di start-up. Nel 1992, esule dalla Rai, fondasti il Tg5 di Berlusconi. Ora stai vivendo una seconda giovinezza con il tg de LA7. Vedi analogie tra i due periodi?
«Direi che tra questi due periodi dal punto di vista politico e sociale ci sono dei punti in comune. Innanzi tutto una disaffezione per la politica. Poi un ritorno alle inchieste sulla corruzione. E forse un’esigenza di cambiamento. Un cambiamento come quello del ’92 che la politica non riesce a interpretare. Non stiamo assistendo a una svolta a sinistra o a destra ma a un nuovo vento dell’antipolitica che stavolta rischia di colpire tutti. Storicamente è una fase che resta difficile, come già in quegli anni, colpiti dalla crisi economica. Allora avemmo a che fare con una manovra pesantissima. Te la ricordi la manovra Amato?»
- E chi non se la ricorda...con quella tassa del sei per mille sui conti correnti bancari...
«Oggi siamo in una situazione in cui l’esperienza è servita. Ma dal punto di vista del peso della manovra possiamo paragonarla a quella di allora. Contemporaneamente si intravvede lo spazio per prodotti informativi nuovi, in un contesto completamente diverso. Oggi il cittadino può scegliere tra decine e decine di canali digitali e satellitari e nuove applicazioni via Internet».
- Una scelta quasi infinita...
«Ma proprio per questo il cittadino che diventa ascoltatore o lettore ha bisogno di ancoraggi affidabili, di tramiti credibili con la notizia».
- Ma al di là del nuovo panorama multimediale, come è cambiata la situazione sociale e politica di questo Paese rispetto al '92?
«In realtà la vera differenza sta nello stesso motivo per cui a provarci 18 anni dopo sono ancora io».
- E cioé?
«Voglio dire che questo è un Paese che ritorna a dare chance a chi c’era già, ma continua a essere molto chiuso rispetto a chi è più giovane. E questo vale anche per la politica. L’ansia di rinnovamento non trova ancora spazi di ricambio, da nessuna parte. In questo momento si può pensare a idee nuove, ma non si vedono i rimpiazzi. E vale anche per il nostro settore, quello del giornalismo».
- In effetti non emerge un trentenne, nemmeno dipinto. Tu a quell'età eri già un volto del Tg1 e dirigevi il Tg5...
«E' come se ci fossimo giocati una generazione. E’ questa la vera differenza. Allora, con la rottura degli equilibri, che liberò anche il lavoro dei giornalisti, venne alla ribalta una nuova generazione di colleghi in grado di raccontare l’Italia che cambiava. Oggi ho l’impressione che il panorama suia molto meno stagliato. Nella politica, nelle professioni e in generale nel mercato del lavoro. Se nessuno va via non si aprono posti».
- Del grande circo dei conduttori televisivi, chi vorresti come volto del tuo tg?
«Nessuno. La vera sfida è quella di fare tutto questo con la mia redazione. Se fosse un giornale nuovo allora potremmo fare quei giochi tipo la mia nazionale ideale (che poi nessuno mette in pratica) e via dicendo. Invece la mia vera sfida per partecipare ai Mondiali dell'informazione è di fare tutto questo con loro, i giornalisti che sono qui».
- I tuoi dentisti coreani...come disse Enzo Biagi a Berlusconi che rivendicava di avere la nazionale dell'informazione a Canale 5...
«Con i bravi giornalisti de LA7. Perché non lo devono far loro? Ci sono. Sono già qui. Molti volti saranno volti nuovi. Anche se sono già lì».
- Che ne pensi del ddl sulle intercettazioni?
«Come tutti i giornalisti che amano fare questo mestiere, intravvedo grandi pericoli e molto cose sbagliate. So benissimo che la nostra libertà di informare non è assoluta, nel senso che cozza con altre libertà e altri diritti che vanno rispettati, commisurati e regolamentati. Però un conto è dire che non è giusto pubblicare intercettazioni di persone non indagate o che riguardano la loro privacy, altra cosa è sancire che non si possono pubblicare intercettazioni o non si può parlare di atti giudiziari. Bisogna stare molto attenti. Io però ti dico una cosa...».
- Prego...
«Quale che sia la legge che verrà fuori, personalmente mi prendo la responsabilità di pubblicare tutte le notizie vere e verificate. Tutte».
- Di per sé dovrebbe essere lapalissiano...
«Quel che voglio dire è che se anche la nuova legge dovesse impedirlo, io sono sicuro che la Costituzione tutela la libertà di stampa e quindi il diritto a pubblicare notizie vere. E non posso pensare che ci possa essere nessun provvedimento che contraddica quesrto fondamento della nostra libertà».
- Ti hanno fatto gli auguri dai piani alti di Mediaset?
«Qualcuno sì qualcuno no».