venerdì 27 febbraio 2009

AMMALARSI NEGLI STATI UNITI


Quello della riforma della sanità è sempre stato il sogno mancato dei presidenti americani dal Dopoguerra ad oggi, soprattutto di quelli democratici. Ci provò indirettamente anche Bill Clinton, nel 1994, ai tempi del suo primo mandato, attraverso il volonteroso (e voluminoso) piano della moglie Hillary. Oltre 1300 pagine per rilanciare l’immagine di una Casa Bianca impegnata a risolvere i problemi dell’America. L’allora first lady aveva ideato una “carta di sicurezza sanitaria” che assicurava il diritto all’assistenza medica per tutti, compresi quei 40 milioni di americani per i quali è proibito ammalarsi. La copertura, per i lavoratori, era a carico per l’ottanta per cento dei datori di lavoro. Il piano naufragò perché la riforma venne attaccata da tutte le parti, a partire naturalmente dagli industriali che dovevano provvedere all’assicurazione per quattro quinti. Preoccupati di perdere soldi e potere, anche le industrie farmaceutiche e i “bramini” della classe medica americana si coalizzarono contro di lei. “Non possiamo permetterci di perdere competitività”, fui la risposta delle principali organizzazioni imprenditoriali, a cominciare dalla Camera di Commercio. La riforma divise perfino gli stessi democratici. Del resto più di un capo di Stato aveva spento i suoi entusiasmi sulla copertura medica. E così le mille e trecento pagine naufragarono contro gli scogli del Congresso.

Ora ci riprova Barack Obama con molto più impegno e determinazione dei suoi predecessori, mantenendo le promesse fatte in campagna elettorale. La sua ostinazione si deve anche al suo vissuto familiare, visto che più di una volta raccontò la tragedia della madre, incapace di provvedere a delle cure efficaci. Obama per arrivare a tutelare gli ultimi degli Stati Uniti chiede “sacrifici”, soprattutto ai più ricchi del Paese, quel cinque per cento della popolazione che secondo i democratici sono stati i destinatari degli sgravi fiscali dell’amministrazione Bush.

Oggi la perdita del posto di lavoro, come è noto (e come spiega con sarcasmo Michael Moore nel suo film-accusa “Sicko”) è un autentico incubo anche perché non solo scompare una fonte economica ma viene a mancare la copertura assicurativa. Come dire: oltre al danno anche le beffe sanitarie. “Certo, in questo settore così complesso avete delle lacune – spiegò il regista di Farenheit )/11 presentando il suo film in Italia - ma impallidiscono di fronte al fatto che in America muori, se non hai i soldi per pagare.E poi presentatemi un solo vostro concittadino che è diventato homeless, perché l’ospedale in cui non ha saldato il conto si è preso la casa: la verità è che non ce ne è nemmeno uno, da noi tantissimi". Obama ha parlato di un sussidio, in vigore da ieri, che aiuterà sette milioni di italiani che hanno perso il posto a conservare la mutua che avevano prima del licenziamento. Il nuovo inquilino parla di una grande riforma, una specie di New deal sanitario, per estendere a tutti l’assistenza pubblica, “tassando i più ricchi”. Finora nessuno pare osare contrapporsi al verbo del presidente. Forse perché ci sono troppi imperi finanziari e industriali che hanno bisogno dei sovvenzionamenti statali per andare avanti o non implodere. Per questo, al momento, le varie lobby se ne stanno zitte. Non si sa fino a quando.