Tutta colpa della pressione fiscale se i nostri salari netti sono tra
i più bassi d'Europa? Per il prorettore dell'Università Cattolica
Luigi Campiglio, economista e grande esperto di dinamiche salariali,
la risposta è no. “Il carico fiscale sulla retribuzione in Italia è
certamente elevato, ma meno che in altri Paesi nei quali la
retribuzione netta è comunque superiore. Il motivo di rilievo è da
ricercare nella composizione del valore aggiunto, che si esprime poi
sotto forma di remunerazione ai salari e residuo ai profitti e al
margine di impresa.
-Tradotto dal lessico economico?
“In buona sostanza la classifica stilata dall'Ocse, che ci vede così
in basso, è implicitamente un'indicazione del fatto che noi
continuiamo in modo preoccupante a essere presenti in settori
industriali che sono a basso valore aggiunto e che pagano poco a
livello interno e internazionale”.
- Il carico fiscale non conta proprio nulla?
“Il divario fiscale ha certamente un ruolo, però dobbiamo renderci
conto che il nostro Paese è il più vecchio d'Europa, si pagano le
pensioni e nonostante ciò la spesa per la protezione sociale in
Italia è minore della media europea”.
Le tasse dove vanno allora?
“E' questo il punto. La pressione fiscale in Italia non è maggiore
della Francia e dell'Europa, è grosso modo uguale, la questione è che
la distribuzione delle risorse in Francia e Germania, Paesi cn i
quali, (non so più fino a che punto), ci si deve confrontare, quella
componente di risorse è spesa molto meglio, da tutti i punti di vista.
In particolare per quanto riguarda la riduzione delle famiglie in
difficoltà economica prima e dopo i trasferimenti sociali. In Italia
invece è tra le più basse. Dopo i trasferimenti sociali le famiglie
povere diminuiscono del quattro per cento rispetto al totale. In
Francia del 12 per cento, in Svezia del tredici. Come si vede
l'efficacia dei trasferimenti è ben diversa”.
Come si fa a rimediare secondo lei?
“Non si può dimenticare che ci lamentiamo del vaso quando è rotto.
Ormai abbiamo una struttura demografia a dir poco drammatica che
implica una redistribuzione pensionistica elevatissima pur con
retribuzioni medie molto basse, problema che la Francia non ha. La
struttura demografica del Paese ormai è compromessa. Il discorso della
distribuzione sociale rischia di diventare un po' ipocrita. Siamo un
Paese in cui il saldo naturale della popolazione italiana è in
diminuzione è l'unico modo per aumentarla è l'immigrazione. Ma noi non
siamo come negli Usa, siamo un Paese di transito”.
- La sinistra radicale dice che l'unica misura seria è tassare i ricchi
“Guardi, mi piacerebbe anche che la storia fosse così semplice. Ma non
è così. La questione è molto più complicata e profonda. Dobbiamo avere
un'economia molto più dinamica, più orientata su settori che pagano
bene, ad alto valore aggiunto. Di certo il settore delle costruzioni
non è stato un grande esempio di aumento di valore aggiunto pregiato,
ma semmai di rendita. Le case in Italia costano una cifra eccessiva
rispetto al reddito disponibile della gente. Viceversa tutto il
settore manufatturiero, che oggi è in crisi violenta, rimane
preziosissimo e andrebbe valorizzato dal punto di vista
dell'innovazione tecnologica. Il tutto a beneficio del valore
aggiunto, che poi si ripercuote su profitti e salari”.
Non le fa una certa impressione essere dietro ala Grecia anche nei salari?
“Mi fa molta, molta impressione. Sono molto impressionato da questi
dati. Due anni fa si discuteva del prima e dopo rispetto alla Spagna e
adesso, con tutto il rispetto per la feta e per l'insalata greca,
siamo qui a confrontare le nostre tradizioni industriali con Atene”.