La resa dei conti tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini è vicina? Stiamo assistendo a un “Duello all’Ok Corral” del Palazzo? Per Stefano Folli, editorialista del Sole 24 ore e principe dei commentatori politici, quel giorno arriverà, anche se non sappiamo ancora quando.«È una partita molto tattica», spiega Folli, tra i primi a riconoscere il logoramento politico politico del premier. «È chiaro che il futuro portrà a un confronto aspro. Ci stiamo avvicinando. Ci sono in gioco due visioni diverse della destra politica».
- Quali sono queste due visioni?
«La destra istituzionale di Fini è molto attenta all’equilibrio complessivo dei poteri. Il presidente della Camera si muove nel solco costituzionale con grande attenzione agli equilibri. Non a caso ha costruito un rapporto molto positivo con il capo dello Stato. Berlusconi invece ha sempre avuto l’idea di modificare questi equilibri. Magistratura, Quirinale: certamente il Cavaliere li vuole modificare in maniera molto netta rispetto all’impianto complessivo».
- Questo determina una destra a due facce?
«Certamente. Da una parte abbiamo destra più tradizionale, molto attenta anche alle ragioni del confronto con l’opposizione su tutta una serie di temi. Berlusconi invece preferisce andare allo scontro. Questo determina una prospettiva binaria al vertice del Pdl. E non cito la Lega che è una terza variabile».
- La forza politica del Pdl è tutta nelle mani di Berlusconi mentre quella di Fini è principalmente una posizione istituzionale.
«È un’obiezione giusta, salvo che non tiene conto del fatto che è da molti anni sulla scena e molto logorato dalle vicende che lo hanno investito, mentre Fini ha dalla sua l’età. Sul piano del peso politico non c’è partita, è vero, ma il premier, classe 1936, è limitato dal logoramento e dagli anni. È possibile che si arrivi a un definitivo chiarimento, anche piuttosto duro, prima della fine della legislatura ma forse anche in termini pià ravvicinati».
- A far precipitare la situazione, tanto per cambiare, potrebbe essere la variabile giudiziaria. Da Palermo i "rumors" parlano dell’arrivo di qualche fulmine.
«Ci sono molti aspetti magari singolarmente non decisivi ma visti tutti insieme decisivi. Potrebbe essere l’inizio di una valga. A meno che non cali questo “scudo” forte di immunità del premier di cui tanto si parla. Il logorio però c’è».
- Sembra di essere tornati ai tempi di Tangentopoli...
«E infatti, detto tutto questo, ritengo molto pericoloso che la fuoriuscita da una stagione molto importante della nostra storia, con luci e ombre, ma significativa, avvenga attraverso i pentiti, le inchieste giudiziarie e tutto il resto. Si creerebbe un vulnus, un trauma politico grave e le conseguenze sarebbero drammatiche. Questo è un Paese che ha avuto un trauma molto serio e grave con Tangentopoli. Non possiamo vivere in una condizione di permanente emergenza, con la giustizia che fa le veci dei processi politici. Innescare una destabilizzazione politica è incredibilmente rischioso».
- Il dopo Berlusconi è già cominciato?
«Politicamente ci stiamo avviando a una fase del dopo. Ma come questo avverrà, se attraverso un processo politico equilibrato oppure attraverso un altro trauma nazionale, attraverso cioé la destabilizzazione indotta dalla magistratura ancora non lo sappiamo. Ma la secondo ipotesi è preoccupante».
- Chi è l’erede politico di Berlusconi? Fini? Casini?
«Né Fini né Casini. Il Cavaliere è una figura talmente fuori dal comune che non può avere eredi. Fini e Casini possono essere gli interpreti dell’Italia moderata che il Cavaliere ha saputo bene interpretare. Un’area da sempre maggioritaria nel Paese. Casini ha saputo superare il rischio grave di rimanere schiacciato come una noce ma adesso mi sembra che abbia un futuro. Da una parte sta trattando sulle alleanze regionali, dall’altra con la sua proposta del mini-lodo sta dando una mano a Berlusconi sulla questione dei processi, lavora per la stabilizzazione del quadro politico. Una politica saggia, specie per una forza centrista come la sua. Ciò dimostra che il bipolarismo è in evoluzione».
- L’accusa dei detrattori di Berlusconi è quella di essere populista, “putiniano” e di fare a meno il più possibile del Parlamento.
«La radicalizzaiozne del premier, quello che chiamano il populismo, è anche la prova che il bipolarismo ha superato la sua fase d’oro e adesso è entrato in una sorta di crisi. La formula non sta dando i risultati. Non c’è ammodernamento del Paese. Tutto è faticoso. Siamo in stallo, tutti ossessionati dai processi del Cavaliere. Se stanno così le cose è chiaro che se dobbiamo immaginare un futuro dobbiamo pensare non a due grandi partiti maggioritari ma a un sistema di alleanze, anche se inserite in uno schema bipolare».
- La Lega che parte gioca in attesa degli eventi?
«Politicamente oggi è fortissima. Il bipolarismo è entrato in una crisi e la Lega, che ha utilizzato il bipolarismo, è diventata un partito condizionante con una rendita di posizione altissima. Ma in questo momento acquista un peso ancora maggiore a causa dell’indebolimento del leader del Pdl».
- Non dovrebbe fare le spese di una eventuale caduta del Cavaliere?
«Bossi non è uno sciocco. Oggi appoggia il Cavaliere perché pensa di ottenere più di quanto abbia mai ottenuto in passato(e i fatti gli stanno dando ragione). Ma non è legato a Berlusconi per la vita e per la morte. L’interesse della Lega è altrove. Il Carroccio sarà molto rapido a vedere i segni dei tempi e ad abbandonare la nave».
- Nel frattempo l’opposizione del Pd sta raccogliendo le forze o è sempre al tappeto?
«Aspettiamo a dire che il Pd si è ripreso. Bersani è un uomo di buonsenso, procede con una certa cautela, ma è un politico sperimentato. Mi sembra che abbia intenzione di ricominciare a dissodare il territorio, a ritrovare il contatto con una base perduta nel Nord e nel Centro Nord. Vediamo come andrà a finire il gioco con Casini, che mi pare un po’ finalizzato a trovare candidati nella regioni che possono aiutare Bersani a rinnovare l’immagine del Pd».
- Per rinnovare l’immagine deve guardare al centro moderato?
«Direi di sì. Tutto sommato le condizioni che Casini pone per le alleanze possono venire comode a Bersani. Il neo segretario del Pd vuole liberarsi di certi personaggi, come Vendola in Puglia, su cui la sinistra radicale contava molto».
- Anche Di Pietro è il problema del Pd.
«E continua a esserlo. Ma Bersani è un diesel: lento ma sicuro. Conosce bene la politica. Non escluderei che alle regionali potesse andare meglio della catastrofe preconizzata. Per esempio se nel Lazio candidasse l’attuale presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti».
- La Lombardia rimarrà al Pdl di Formigoni?
«In Lombardia la partita non è finita. Potrebbe finire in mano ai leghisti. Perché il Pirellone il loro vero obiettivo».