domenica 15 giugno 2008

ALLARMI SIAM FASCISTI


Il vento di crisi economica e l’impoverimento dei ceti medi in Europa può portare a una deriva fascista, come avvenne dopo la Prima guerra mondiale in Italia, in Germania e in altri Paesi come la Lituania, la Polonia, l’Ungheria. E’ la suggestione del nostro ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Un po’ troppo catastrofica? Lo chiediamo a Roberto Cartocci, docente di Scienze politiche all’Università di Bologna.

“Evocare il fascismo mi pare un po’ forte. Anche perché secondo me il problema è un altro”.

- E quale?

“Quello dei ceti medi. I fascismi, nel senso in cui li definisce Ernst Nolte, e quindi comprendendo nazismo, action francaise e i vari movimenti autoritari che sbocciarono in tutta Europa all’indomani della Grande Guerra, sono nati in contesti molto diversi da quelli attuali. Il ceto medio non era prevalente, direi oceanico, come nella societò post-industriale di oggi, era una minoranza impaurita di fronte alla pressione della classe contadina e operaia…”

- E infatti il luogo storico del fascismo italiano è il 1919, come le rivolte socialiste nelle fabbriche e soprattutto nelle campagne, cui rispose gli squadristi di Mussolini…

“Gli squadristi erano in gran parte i reduci della Prima Guerra Mondiale, ufficiali e sottufficiali, ex “arditi” abituati a comandare nelle trincee, delusi dal ritorno nella società “borghese”. E questo vale anche in Germania per i freikorps, i corpi franchi che riversarono nella repressione delle rivolte comuniste, tipo la Lega di Spartaco, la loro violenza. Per questo dico che evocare il fascismo oggi è un po’ schematico. Tremonti, che peraltro è sempe molto raffinato nei suoi ragionamenti, non tiene conto del diverso peso numerico dei ceti medi, che oggi in Europa sono la maggioranza”.

- Se sono la maggioranza a maggior ragione l’Europa potrebbe correre questo rischio…

“No, perché sono una maggioranza estremamente variegata. A cominciare dalla distinzione tra lavoratori dipendenti, fortemente penalizzati dall’introduzione dell’euro, che ha completamenete redistribuito ricchezza a favore della seconda componente, quella dei commercianti e dei lavoratori autonomi. Il ceto medio che si impoverisce sta nella prima categoria”.

- Tremonti si riferiva anche agli effetti nefasti della crisi economica, analogamente a quanto successe dal ’29 in poi in Germania, con la Repubblica di Weimer devastata nelle fondamenta dall’impoverimeno di larghe fasce della popolazione, sfociato nel ‘33 nell’avvento del nazismo.

“ La crisi economica crea un forte scontento. Uno scontento che viene da lontano. Il problema salariale dei ceti medi risale agli anni ’90. All’epoca una famiglia di operai percepiva un milione e quattrocentomila lire. Con l’euro i salari dei lavoratori, dagli operai fino ad altre categorie superiori, hanno perso il potere d’acquisto. A questa siuazione si sono aggiunti i morsi della globalizzazione”.

- I popoli continuano a mostrare insofferenza e risentimento verso l’Unione. Lo abbiamo visto con il referendum irlandese. Anche i tedeschi mostrarono risentimento e poi cancellarono la Repubblica di Weimar, con i suoi traballanti governi, come quello del “cancelliere della fame” Bruning. L’Europa dunque non può essere percepita come una Weimer postmoderna?

“L’Irlanda è una strana cosa. Era storicamente una delle regioni più povere del Vecchio Continente, ma a differenza del nostro Mezzogiorno ha saputo far rendere i contributi provenienti da Bruxelles, i cosiddetti fondi dell’Obiettivo Uno. Ha attirato capitali, permesso sgravi fiscali alle multinazionli che si insediavano a Dublino, costruito, innovato. E oggi gli irlandesi sono più ricchi degli inglesi.”

- E com’è che si lamentano di “madame” Europa, che tanto li ha aiutati?

“ Sono stati i ceti rurali e contadini ad averle voltarle le spalle, anche per via degli arcani provvedimenti, complicati e oscuri, della legislazione europea. Hanno preferito vedere i difetti e non gli enormi vantaggi. Stiamo parlando di ottocentomila persone, non di più.L’euroscetticismo è una malattia che si basa sulla disinformazione. C’è un elettorato vicino a Tremonti che ha condannato l’introduzione dell’euro, senza sapere che, col debito pubblico che ci ritroviamo, ci ha protetto da derive di svalutazione di tipo argentino. Tutto questo poggia nell’insicurezza, nel disorientamento”.