domenica 17 agosto 2008
CONTRORDINE CONTRIBUENTI
Controordine contribuenti. L’Ici, l’imposta comunale sulla casa, va ripristinata. Lo dice Umberto Bossi nel tradizionale discorso di mezza estate da Ponte di Legno. “L’Ici la rimetterò”. Papale papale. Un’improvvisa boutade ferragostana? Una sparata bossiana? Niente affatto: il ministro delle Riforme dice che fosse stato per lui, non l’avrebbe mai tolta. Perché l’Ici è un’imposta locale e dunque fa parte a pieno titolo di quel sistema di riforma federalista che la Lega fortissimamente vuole e il cui iter dovrebbe partire già in autunno. Bossi ha spiegato che bisogna passare da un sistema di finanza derivata, in cui è lo Stato a dare i fondi agli enti locali, a una forma di autonomia finanziaria, in cui Comuni, Province e Regioni prelevano direttamente le tasse. «I cittadini - ha aggiunto il leader del Carroccio - sono disposti a dare, se le tasse vanno ai loro Comuni, perché vedono i risultati: strade, aiuole». Il ministro delle Semplificazioni Roberto Calderoli ha poi precisato per rassicurare i contribuenti federalisti: «La proposta che porterò al tavolo del federalismo fiscale non sarà una semplice reintroduzione dell'Ici, ma prevederà la soppressione delle oltre dieci tasse relative alla casa (Stato, Regione, Comune) e la loro sostituzione con un tributo unico, proprio a vantaggio dei Comuni». Insomma, per semplificare, non è che ritornerà l’Ici, bensì un surrogato, che non si chiamerà più Ici, magari si chiamerà Tca, tassa comunale autonoma, o Ifi, imposta federale sugli immobili o magari Pippo o Topolino, ma sempre di contributi fiscali si tratta.
E pensare che il provvedimento non ha nemmeno tre mesi. Ricordate? L’annuncio venne dato da Napoli, “era de maggio”, e il presidente aveva insediato il suo governo nel capoluogo campano assediato dalla monnezza. Quell’assedio che peraltro ha brillantemente contribuito a respingere in pochissimo tempo cancellando una vergogna nazionale, uno degli innegabili successi del Berlusconi Quater. Fu in quell’occasione che venne abolita l’Ici per la prima casa. Una promessa mantenuta, pechè chi scrive si ricorda benissimo l’occasione dell’annuncio: l’ultimo duello televisivo tra Prodi e Berlusconi, quando il Cavaliere, di fronte all’arbitro Guido Vespa, in zona Cesarini, quando già scorrevano i titoli di coda, diede l’annuncio a sorpresa, spiazzando il Centrosinistra: “Aboliremo l’Ici”.
E ora? La promessa viene rimangiata? L’Ici ritorna, magari sotto altro nome, in nome del federalismo fiscale? Ora, se c’era una cosa che hanno ben chiaro gli elettori è che federalismo fiscale significa redistribuzione delle tasse dallo Stato alla periferia, ma non certo per vedersele aumentate, bensì diminuite. Può darsi che sia una visione un po’ naif ma il quadro doveva esser quello. Per aumentare la pressione fiscale bastava e avanzava lo “Stato centralista”. E invece Bossi ha chiarito una volta per tutte che federalismo fiscale può significare tasse di altro tipo, meglio impiegate, più controllate, ma non necessariamente meno tasse. Non sappiamo se sia stato l’amico Tremonti, il Colbert dell’economia preoccupato dall’andamento dei conti pubblici, a soffiargli in un orecchio la cosa per far tornare un fantasma di cui nessuno aveva nostalgia. Perché è evidente che il mancato introito deve aver causato enormi difficoltà nelle casse comunali (e infatti molti sindaci, anche del Centrosinistra, si sono affretatti a plaudire alla reintroduzione dell’imposta).
Ma agli italiani, oberati da una delle pressioni fiscali più alte d’Europa, assediati da quella “tassa dei poveri” che è l’inflazione che corrode rendite e salari, questo non piacerà. Perché una promessa è una promessa, anche elettoralmente. Forse è la prima vera doccia fredda che arriva dal federalismo fiscale. Con un dubbio angosciante: che forse una riforma del genere non vuol dire meno tasse, ma addirittura moltiplicazione dei contributi tra imposte di Stato e imposte locali, in un “gioco delle parti fiscali” che può divenire devastante nel ginepraio di tasse, contributi e balzelli richiesti da stato, comuni, province, regioni. Non dobbiamo dimenticare che gli taliani versano già non poco agli enti locali tra addizionale comunale Irpef, tariffa per l’asporto dei rifiuti urbani, imposta sulla Rc auto, addizionale sulla bolletta dell’Enel, imposta di trascrizione, Irap, compartecipazione dell’Iva, addizionale regionale sull’Irpef, compartecipazione sulle accise della benzina Una pressione, quella tributaria locale, non indifferente, che va dalle duemila euro all’anno di Milano alle 600 euro di Enna. Siamo proprio sicuri che i milanesi dal federalismo fiscale vedranno calare qul fardello di duemila euro? O addirittura il fardello (sia di Milano che di Enna) finirà per aumentare per tenere in piedi sistema statale e sistema federale?