lunedì 8 settembre 2008

TODOS KEYNESIANOS


Ma che fine ha fatto il liberismo? Sembra proprio che il “laissez faire” abbia fatto il suo tempo in tutto il mondo. Come altro interpretare la nazionalizzazione da parte di Washington delle due principali agenzie di fondi immobiliari, Fanni Mae e Freddie Mac? O il diffondersi nei mercati dei fondi sovrani (ne vorrebbe uno europeo persino Tremonti)? Su questo argomento lo scrittore e giornalista Giancarlo Galli ha scritto un saggio, in libreria tra un paio di settimane. Si intitola “La Palude” (Garzanti). Il finale è dedicato a quello che Galli indica come la fine di un ciclo. “Proprio così”, spiega Galli, “il ciclo liberista iniziato con la signora Thatcher e il signor Reagan ha fatto il suo tempo. Così come finì con la grande crisi del ’29 e il successivo New Deal il grande sogno liberista americano. E’ la fine di una tendenza mondiale. Nel 1936 arrivò Keynes. Il genio di Cambridge spiegò che per salvare le patrie in pericolo dovevano intervenire gli Stati” .
- Ed è proprio quello che sta accadendo anche ai nostri giorni. Tutti con Keynes. Todos “keinesianos”...“Oggi siamo in presenza di un intervento massiccio degli Stati nell’economia. Questo vale anche per l’Italia. Qualche giorno fa ero a colloquio con Cesare Geronzi, presidente di Mediobanca, il quale mi ha teorizzato il ruolo di via Filodrammatici come una banca “di sistema”. Tutto sommato una riedizione dell’Iri di Beneduce. Lui assegna a Mediobanca questa funzione di banca di tenuta, di pilastro. Non più la banca indipendente modello Cuccia, che metteva le dita negli occhi al sistema politico, bensì il grande istituto finanziario che viaggia in sintonia con il Governo. Geronzi immagina una banca di sistema non ispirata alla politica del profitto ma alla tenuta del sistema finanziario del Paese”.
- Con capitali privati? L’Iri era pubblica...
“Ma, sai, i privati poi si rivalgono su altre cose: pensa al business che ci sarà tra pochi anni, dal Ponte di Messima all’Expo. I nostri privati non sono mai stati privati privati. Tanto è vero che c’è sempre stata una tendenza a espellere gli stranieri dal business quando ritengono che stiano tagliando una fetta di torta troppo grossa. Va bene piccola, la fetta, ma non di più. Anche in Europa è così. Persino i tedeschi dicono: va bene i capitali arabi, purché non superino il 25 per cento delle partecipazioni nelle aziende. Prendi la storia del petrolio alle stelle. La legge della domanda e dell’offerta c’entra poco, anzi nulla. Era una questione speculativa. Il greggio ha reso ricchi i fondi sovrani asiatici e mediorientali. Poi i succitati fondi sono corsi a mettere i soldini nelle nostre banche e immediatamente hanno perso il trenta per cento del prezzo del petrolio. Le grandi banche internazionali hanno smesso subito di finanziare coloro che speculavano al rialzo. Hanno detto: adesso basta. Non casualmente, quelli del sistema finanziario occidentale gli hanno fatto capire che il mazzo delle carte ce l’hanno loro”.
- Niente stranieri. Un po’ come Air France o Lufthansa con Alitalia. Va bene partner, ma di minoranza.
“O come Gheddafi con la Fiat. Tappeto rosso, entri pure, si metta comodo, ma resti in anticamera, prego. Li vogliono gli stranieri, i capitalisti europei, ma fino a un certo punto. Poi, quando cambia la congiuntura, magari li si liquida perché non servono più. Questa è l’arte dei banchieri. A proposito di Alitalia, se rifanno come viene chiesto tutti i contratti, diventa un paradigma per le altre aziende. C’è un mutamento epocale nella contrattazione aziendale. Non è che è finito il mondo: è finito un ciclo. Bonanni, a differenza di Epifani, ha capito che occorre una difesa elastica del lavoratore e non un muro contro muro, che è indifendibile”.
- Ti piace l’antimercatismo di Tremonti, che poi è sinonimo in chiave di globalizzazione di antiliberismo?“Tremonti è un colbertista e di conseguenza un keynesiano, un fautore della presenza dello Stato nell’economia, cosa che diventa non più un eresia nel momento in cui la crisi del sistema, del “laissez faire” è sotto gli occhi di tutti. Il sistema attuale ha fatto il suo tempo, la Thatcher, il Reagan, i Chicago boys di Milton Friedman hanno esaurito il loro ciclo. Se ti leggi i commenti internazionali vedi che viene elogiato il sistema Putin e quello cinese, dove di democrazia se ne vede pochina ma si nota molta autorità da parte dello Stato. Perché attualmente è il miglior modo per garantire il benessere interno. Siamo all’autarchia. Che poi era il New Deal roosveltiano”.