giovedì 18 giugno 2009

L'ULTIMO ERASMIANO


“E’ stato davvero una personalità molto singolare. Era molto attratto dalla politica nonostante la sua preparazione sociologica e filosofica. Non c’era solo il cursus honorum accademico. Questa grande figura di intellettuale del ‘900 ha avuto una carriera pubblica in Germania, nella Comunità europea e in Gran Bretagna. Parlamentare per i liberali tedeschi e segretario di Stato a Berlino, membro della Camera dei Lord di Sua Maestà nel Regno Unito, membro della Commissione europea di Bruxelles. Fu titolare di numerose cattedre tra cui quella di rettore del Saint Anthony College di Oxford, per non parlare della direzione della London School of Economics. Insomma, è stato un uomo che ha avuto tre carriere. Un uomo davvero europeo. Se potessi fare un confronto storico lo paragonerei a Erasmo da Rotterdam, la grande personalità europea e religiosa del Rinascimento”. Così definisce Ralf Dahrendorf lo storico Sergio Romano, che tra l’altro scrisse un contributo che accompagnò la “Quadratura del cerchio” il celebre saggio del grande pensatore tedesco ripubblicato in Italia recentemente da Laterza.

- Ma in che cosa consiste l’espressione “quadrare il cerchio” per Dahrendorf?

“Dobbiamo fare prima una premessa. Dahrendorf era un liberale con una forte sensibilità sociale, potremmo dire un liberal socialista. Ed effettivamente si preoccupò delle conseguenze e degli effetti che la politica che assegna al mercato una specie di primato, la politica economica, per intenderci, che fu della Thatcher e di Reagan, avrebbe avuto sulla coesione sociale di un Paese”.

- Fu colpito dalle conseguenze degli scioperi dei minatori gallesi all’epoca della signora Thatcher?

“No, non credo. Durante quegli scioperi il comportamento della Thatcher fu esemplare. Quello delle miniere di carbone del Galles non era un problema di liberismo a oltranza. Tutt’altro: bisognava dare una soluzione conforme alle esigenze del Paese, in un mondo che era cambiato e in un’epoca in cui il carbone era l’energia del passato. C’era un problema di modernizzazione della Gran Bretagna”.

- Quali erano allora le scelte “drammatiche” che i Paesi sviluppati ponevano ai loro cittadini e che finivano per danneggiare la coesione sociale secondo il “filosofo del conflitto” Dahrendorf?

“Credo fosse più influenzato dalla crescita economica esponenziale della Cina negli anni ’90 e da quel tanto di liberismo russo emerso con la stagione degli oligarchi. Tutto questo lo ha certamente preoccupato. Dahrendorf ha avuto l’impressione che nel futuro del mondo e dell’Europa vi sarebbero stati degli scontri, degli incidenti di percorso. La perdita dei valori sociali a favore di una crescita selvaggia, sia pure robusta, credo che lo abbia inquietato. Perché questo pensatore è sempre rimasto legato al modello renano, all’economia sociale di mercato, che continua a rimanere il carattere distintivo della politica economica tedesca. In questo non era per esempio molto d’accordo con la “terza via” Tony Blair. Quando Dahrendorf ha visto i sintomi di un liberismo sfrenato ha lanciato degli allarmi. Temeva che il mercatismo, il liberismo, l’economia sfrenata, il primato ad ogni costo del mercato avrebbe potuto distruggere il sentimento di solidarietà sociale. La quadratura del cerchio doveva mirare a salvaguardare la crescita economica, la libertà individuale ma anche la coesione sociale così faticosamente conquistata in tanti anni di lotte”

- Erano fondate quelle preoccupazioni?

“Le preoccupazioni di Dahrendorf erano legittime anche se l’Europa non ha mai cessato di credere nell’economia sociale di mercato. La possiamo declinare in più modi: Stato “papà”, Welfare State, Stato assistenziale, ma è un modello che risponde sempre a delle esigenze comuni. Che possiamo riassumere così: l’imprenditore ha il diritto di possedere i mezzi di produzione e mirare all’arricchimento suo e degli azionisti, ma un sistema che non tiene conto anche della componente sociale, delle esigenze di chi sta ai margini della catena produttiva, della difesa dei più deboli, dei diritti dei lavoratori, è destinata a fallire o a creare lungo la strada dei disastri. Era un uomo del suo tempo e dunque avvertiva i rischi del suo tempo. Ma poi, appena c’è stata la crisi del credito, ci siamo accorti che l’Europa era diventata colbertista, interventista, statalista. In Spagna, in Germania, in Francia e ovunque lo Stato è intervenuta nell’andamento dei mercati senza esitazione per salvare i cittadini. Per questo credo che se Dahrendorf avesse potuto scrivere una versione aggiornata del suo saggio dovrebbe constatare che certe sue preoccupazioni erano molto meno giustificate di quanto non gli sembrassero allora”.